Cosa doveva essere il 2013 e non è stato (o forse sì ma ci è sfuggito)

L’anno di app e smartphone.

L’anno del baratto.

L’anno dell’incertezza economica.

L’anno del social customer service.

L’anno dell’affitto.

L’anno del Big Data.

L’anno del pollo.

L’anno del ritorno della Jungle.

L’anno del ritorno di crescita e occupazione.

L’anno dell’azzeramento del fenomeno della pirateria somala.

L’anno del phablet.

L’anno del bianco.

L’anno del biogas.

L’anno dell’immagine animata [sic].

L’anno con temperature record.

L’anno del Bigfoot.

L’anno della cyber guerra totale.

Cosa doveva essere il 2013 e non è stato (o forse sì ma ci è sfuggito)

Ipotesi di corrispondenze mai avvenute #3

C’è stato un momento che nella mia memoria ha un posto tutto suo e che definisce l’attimo in cui decidemmo infine di guardarci. Quell’attimo arrivò senza preavviso, senza un gesto che ci avvertisse del pericolo imminente a cui entrambi ci sacrificavamo. Il pensiero e l’atto furono gemelli e non conobbero cronologia. Dopodiché, a dispetto di tutte le retoriche che all’epoca nessuno di noi due conosceva, restammo lì a guardarci per un tempo che fu ben definito. In quel tempo, sospeso ma non immobile, nulla intorno a noi cambiò: non cessarono i rumori, non si fermarono gli orologi, non si placò il vento. Il semaforo all’angolo passò dal rosso al verde e le macchine in colonna ripartirono; un vecchio a passeggio col cane raccolse da terra una monetina e nel farlo gli cadde il cappello; due ragazze che avevano saltato scuola risero correndo davanti a una vetrina; il ragazzo del bar, per guardarle, mancò poco che facesse cadere il vassoio con il caffè; un vigile urbano continuò a scrivere sul suo blocchetto delle multe mentre dal fondo della strada un uomo agitava le braccia; da una finestra, una donna guardava un militare allontanarsi passandosi il dorso della mano sulle guance. Insomma, niente intorno partecipò di quell’attimo e nulla sembrò dovesse farlo. Fu chiaro a entrambi che il tempo non si era per nulla fermato e, anzi, nella sua cocciuta laboriosità era stato nostro complice, nascondendo a tutti ciò che solo noi due scoprivamo in quel momento. Quel tempo, che spendemmo lì a guardarci, fu una scommessa silenziosa, un azzardo un po’ borioso ma in fondo divertente a cui tutto il resto fece da contorno.
In quell’attimo – che furono poi, in verità, alcuni secondi – si decisero tutti i secondi successivi, e i minuti, e le ore. I giorni, le settimane, i mesi e infine gli anni che ci toccò dividere insieme. A pensarci con la distanza che mette il tempo (quello lungo), si corre il rischio un po’ di spaventarsi al pensiero del potere racchiuso in quei pochi secondi, infinitesimi rispetto a tutti gli innumerevoli secondi degli anni a seguire. Alla fine, quello che per anni abbiamo chiamato con lo stesso nome che tutti usano – millantandone se non l’esclusiva quantomeno la superiorità – somiglia un po’ alla storia del mondo, a uno scoppio improvviso di qualcosa che, nei primi attimi di vita, raccoglie in potenza i millenni a seguire, che saranno sempre e solo una condanna alla fine, l’inesorabile consumarsi di ciò che non s’è saputo fermare al momento opportuno, congelare nel tempo lasciandolo per sempre così com’era nato, nella speranza che passasse a raccoglierlo qualcuno più capace di noi.

Ipotesi di corrispondenze mai avvenute #3