[La parodia] comporta in ogni caso un volgersi indietro, se pur contrastato e polemico; e nel vincolo che unisce il parodista all’oggetto della parodia è lecito riconoscere la sopravvivenza di un’antica commozione, le tracce di un amore contro cui si lotta, ma che non si può sopprimere: la sopravvivenza delle figure di un mito contro le quali ci si difende, ma che non si possono escludere dalla propria psiche.
La parodia […] nasce nell’ambito di culture che posseggono un passato, alcune forme delle quali non sono più «ritenute possibili», pur suscitando ancora amore […] La parodia, quindi, nasce in quelle particolari circostanze quando si manifesta un sentimento di superiorità nei confronti delle sopravvivenze del passato. L’amore per tali sopravvivenze non consente di abbandonarle, ma la convinzione della propria superiorità induce a servirsene per suscitare il riso
Furio Jesi, Letteratura e mito, Torino, Einaudi 1981, pagine 189 e 195